Raffaella Benetti: Ecce Homo, 2007, testo di Sergio Garbato
L’opera rappresenta il conseguimento di una prima maturità espressiva, un punto fermo nel percorso artistico di Raffaella Benetti. Una crocifissione senza croce e che culmina e si risolve in un volto che pare immerso in un sonno dolce, che nega al tempo altre immagini e altri pensieri. Un volto in lucido marmo di Carrara, perfettamente liscio, tanto da dare ulteriore verità a una lontana osservazione di Fausto Melotti: ”non è il modellato che conta, ma piuttosto la modulazione”. Ed è come se l’ artista, confrontandosi ancora una volta con un tema decisivo e reiterato nei secoli, avesse scelto di assecondare la materia, mitigando le tensioni nel sentimento e levigando la superficie fino a renderla inattingibile, per restituirle l’anima. Ne consegue che la crocifissione rinuncia alla carica simbolica della tradizione a favore di un sentimento tutto umano, che diventa a sua volta riscatto dal dolore e dalla storia, leggerezza e trasparenza della materia, esaltazione della bellezza, vocazione all’eternità. Non è più il tempo della passione, ma la prefigurazione di un dopo, perché, come dice Rilke, ”solo ciò che persiste / ci inizia all’essere”.