Nel mio giardino vado quasi furtivamente, sempre con l’idea di andare a vedere cosa mi riserva, è un luogo in cui passeggiare, senza propormi una meta. Entrare nel giardino è intraprendere un viaggio, dove ogni viaggiatore può scegliere fra camminare attraverso di esso, o di lato. Passo e ripasso nei luoghi dell’anima. Il gesto è lo stesso, il tempo è diverso. Mutata nel corpo e nel pensiero come mutata ogni foglia, ogni filo d’erba, ogni fiore, e ogni groviglio di rami e i riflessi che li attraversano ogni volta diversi compagni di viaggio. Il giardino è in continuo mutamento, luogo dell’impermanenza dove si manifesta e si rende visibile qualcosa dell’anima mundi. (Raffaella Benetti, L’Oro del mio Giardino, 2020 – 2022). ‘’ Il giardino di Raffaella Benetti è più simile alla vita vera, anzi, è la vita: un prolungamento esteriore dell’animo stesso. Dentro c’è il tempo che scorre, la realtà che muta, la consapevolezza della fine, il dolore del limite, la speranza dell’altrove. Dentro ci sono il sambuco, il melo, l’iris, le margherite, i papaveri, i licheni: compagni di viaggio, appunto’’. (Estratto del testo critico di Micol Andreasi pubblicato nel catalogo della mostra Raffaella Benetti, L’Oro del Mio Giardino, Galleria Arkè, Venezia, 2022).